“Riscatto” degli schiavi

Il commercio di Capo Verde all’epoca della colonizzazione, e per due secoli a seguire, ebbe come base il “riscatto” degli schiavi nella regione cosiddetta dei “fiumi della Guinea” (Senegal, Bezeguiche, Recife, Portudale, Joala, Barbacins, Gambia, Casamansa, S. Domingos, Grande, Bijagós e Nuno), e che inglobava, di fatto, lo spazio geografico che attualmente comprende il Senegal, la Guinea-Bissau, la Repubblica di Guinea e la Sierra Leone.

Inizialmente, in seguito alla scoperta del 1460, e come era consueto in terre come quelle di queste isole, prive di qualsiasi mezzo di sussistenza già presente, si era importato bestiame (caprini, ovini e bovini), prima che i donatari (Antonio da Noli e Diogo Afonso) iniziassero il popolamento a partire dal 1462.

Con editto regio del 1466, il re Alfonso V concede ai “moradores” (i residenti liberi) di Capo Verde (all’epoca limitati a Ribeira Grande) l’esclusiva dell’attività di “armare navi”, precisamente per la rotta dei “fiumi della Guinea”, il cui commercio consisteva nel “riscatto” di schiavi, descritti all’epoca come “pezzi” di transazione mercantile, ma comprendeva altre importazioni complementari, soprattutto di riso e mais, base dell’alimentazione degli stessi schiavi, ma anche di avorio (nel 1514 fu registrata l’importazione di 29 quintali, tra zanne e manufatti come collane, saliere, collari), oltre ad ambra, fagioli, cuscus, cesti, bocce, pelli, tessuti, zibetti... In quanto all’oro, proveniente dal fiume Cantor, era riservato al commercio reale. Nel 1472 il re Alfonso V emise un secondo editto regio in cui, per proteggere i commerci del suo fittavolo Fernão Gomes, limitò quello dei moradores-armadores di Santiago alla Guinea, escludendo la Sierra Leone, a sud, oltre Arguim (isola della Mauritania), a nord, e restringendo l’acquisto di schiavi alle necessità dell’isola di Santiago, con esclusione dell’esportazione. D. Manuel intendeva advocare a sé le prerogative di commercio con la Guinea, ma i registri confermano che questi tentativi di restringere la capacità negoziale dei moradores di Santiago ebbero scarsi effetti dal punto di vista pratico. Anzi: danno addirittura conto di un incremento continuato per tutto il secolo XVI. Probabilmente questi documenti erano stati nel frattempo revocati da altri di cui però non siamo in possesso.

Il privilegio di armare navi dato ai moradores, dal quale erano legalmente esclusi i funzionari della pubblica amministrazione, costituiva un’attrattiva per i colonizzatori chiamati da Noli e Alfonso a popolare Capo Verde: i guadagni generati dal commercio degli schiavi permettevano agli armatori di ammortizzare rapidamente i propri investimenti, anche se armare navi era assai dispendioso. Così allettanti erano i guadagni che i nobili insigniti di cariche pubbliche, ignorando le disposizioni del re, e avvalendosi a propria discrezione dell’autorità inerente alle proprie funzioni, armavano proprie navi negriere e installavano a Ribeira Grande attività di supporto a questo commercio, entrando così in aperta concorrenza con la classe imprenditoriale (limitata, per legge, ai moradores).

Il commercio di Capo Verde all’epoca della colonizzazione, e per due secoli a seguire, ebbe come base il “riscatto” degli schiavi nella regione cosiddetta dei “fiumi della Guinea” (Senegal, Bezeguiche, Recife, Portudale, Joala, Barbacins, Gambia, Casamansa, S. Domingos, Grande, Bijagós e Nuno), e che inglobava, di fatto, lo spazio geografico che attualmente comprende il Senegal, la Guinea-Bissau, la Repubblica di Guinea e la Sierra Leone.

Inizialmente, in seguito alla scoperta del 1460, e come era consueto in terre come quelle di queste isole, prive di qualsiasi mezzo di sussistenza già presente, si era importato bestiame (caprini, ovini e bovini), prima che i donatari (Antonio da Noli e Diogo Afonso) iniziassero il popolamento a partire dal 1462.

Con editto regio del 1466, il re Alfonso V concede ai “moradores” (i residenti liberi) di Capo Verde (all’epoca limitati a Ribeira Grande) l’esclusiva dell’attività di “armare navi”, precisamente per la rotta dei “fiumi della Guinea”, il cui commercio consisteva nel “riscatto” di schiavi, descritti all’epoca come “pezzi” di transazione mercantile, ma comprendeva altre importazioni complementari, soprattutto di riso e mais, base dell’alimentazione degli stessi schiavi, ma anche di avorio (nel 1514 fu registrata l’importazione di 29 quintali, tra zanne e manufatti come collane, saliere, collari), oltre ad ambra, fagioli, cuscus, cesti, bocce, pelli, tessuti, zibetti... In quanto all’oro, proveniente dal fiume Cantor, era riservato al commercio reale. Nel 1472 il re Alfonso V emise un secondo editto regio in cui, per proteggere i commerci del suo fittavolo Fernão Gomes, limitò quello dei moradores-armadores di Santiago alla Guinea, escludendo la Sierra Leone, a sud, oltre Arguim (isola della Mauritania), a nord, e restringendo l’acquisto di schiavi alle necessità dell’isola di Santiago, con esclusione dell’esportazione. D. Manuel intendeva advocare a sé le prerogative di commercio con la Guinea, ma i registri confermano che questi tentativi di restringere la capacità negoziale dei moradores di Santiago ebbero scarsi effetti dal punto di vista pratico. Anzi: danno addirittura conto di un incremento continuato per tutto il secolo XVI. Probabilmente questi documenti erano stati nel frattempo revocati da altri di cui però non siamo in possesso.

Il privilegio di armare navi dato ai moradores, dal quale erano legalmente esclusi i funzionari della pubblica amministrazione, costituiva un’attrattiva per i colonizzatori chiamati da Noli e Alfonso a popolare Capo Verde: i guadagni generati dal commercio degli schiavi permettevano agli armatori di ammortizzare rapidamente i propri investimenti, anche se armare navi era assai dispendioso. Così allettanti erano i guadagni che i nobili insigniti di cariche pubbliche, ignorando le disposizioni del re, e avvalendosi a propria discrezione dell’autorità inerente alle proprie funzioni, armavano proprie navi negriere e installavano a Ribeira Grande attività di supporto a questo commercio, entrando così in aperta concorrenza con la classe imprenditoriale (limitata, per legge, ai moradores).

Autoria/Fonte

Armando Ferreira